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Studio

La Cassazione chiarisce le modalità di contestazione dell'aggravante di cui all'art. 476, co. 2, c.p

Nell'ambito di un procedimento penale per colpa medica, in cui agli imputati si contestava il reato di lesioni colpose e di falsità ideologica nella cartella clinica, la Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso presentato dalla difesa, ha chiarito che:

"in tema di reato di falso in atto pubblico, non può ritenersi legittimamente contestata, sì che non può essere ritenuta in sentenza dal giudice, la fattispecie aggravata di cui all'art. 476, comma secondo, cod. pen, qualora nel capo d'imputazione non sia esposta la natura fidefacente dell'atto, o direttamente, o mediante l'impiego di formule equivalenti, ovvero attraverso l'indicazione della relativa norma (Sez. U, n. 24906 del 18/04/2019, Sorge, Rv. 275436 - 01)" e che "Tale compiuta contestazione richiede, di contro, che la valutazione accusatoria, nel senso della ritenuta natura fidefacente dell'atto oggetto della condotta di falso, sia esplicitata mediante almeno una delle modalità di seguito descritte: con l'indicazione nell'imputazione della norma di cui al comma secondo dell'art. 476 cod. pen. o con l'espressa qualificazione dell'atto come fidefacente ovvero con l'adozione di formulazioni testuali che descrivano in termini equivalenti la natura fidefacente dell'atto, nel riferimento alla fede privilegiata dello stesso o alla necessità della querela di falso perché la sua funzione probatoria sia esclusa".

Rispetto al casus oggetto del ricorso per cassazione, la Corte d'Appello aveva ritenuto che, nel contestare il reato di cui all'art. 479 c.p., il PM avesse altresì contestato l'aggravante della natura fidefacente dell'atto oggetto di falsità ideologica, poiché nel capo d'imputazione si leggeva: "attestavano falsamente atti dei quali l'atto era destinato a provare la verità".

La Corte di Cassazione, accogliendo il motivo di impugnazione avanzato dalla difesa, ha annullato la sentenza di condanna affermando che, ai fini della corretta contestazione dell'aggravante di cui all'art. 476, co. 2, c.p., è "insufficiente la mera destinazione a provare la verità di un fatto, senza alcun richiamo all'efficacia probatoria rafforzata".

Conseguentemente, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio le sentenze di primo e di secondo grado poiché i reati per cui si procedeva si erano prescritti anteriormente alla condanna di primo grado.



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